Marocco, terra d’ispirazione

Quando ho iniziato a scrivere Una porta sul passato sono partita dalla frase con cui si apre il primo capitolo: “Uscì dallo studio dell’avvocato Malot sbattendo la porta con una tale violenza che…” senza avere la minima idea di dove la storia mi avrebbe condotta, né quali personaggi sarebbero subentrati, attraversando per intero la narrazione o facendo solo piccole, sporadiche apparizioni. Tutto è venuto da sé, come una cascata. 

Certo, ci sono stati momenti di pausa, più o meno lunghi, in cui lo sconforto e la crisi da pagina bianca mi assalivano, così, presa dalla stanchezza, spegnevo il computer per non vedere il beffardo trattino del cursore lampeggiare tipo neon di un’insegna pubblicitaria. Ma, come in altri ambiti della vita, i momenti di siccità passano e, presto o tardi, il fiume torna a riversarsi impetuoso sulle pagine.

La storia di Simone e la sua incursione in Africa, nella magica terra rossa del Marocco, non sono casuali. Nella stesura del romanzo ho infatti attinto alla mia esperienza personale avendo io sposato un marocchino, di origini berbere, nato in una delle città imperiali del Marocco: Marrakech, detta “la perla del sud”.
La nostra unione ha dato inizio ad un viaggio, non solo fisico, che mi ha portata alla scoperta di questa terra meravigliosa e sorprendente, della sua gente, la cui ospitalità è leggendaria e delle sue credenze e tradizioni che hanno il potere di condurre in un altro mondo; un mondo tanto diverso e distante da ciò a cui ero abituata, seppure il Marocco si trovi solo a poche ore d’aereo dall’Italia.
Viaggiare e conoscere altre culture rappresentano sicuramente ottimi punti di partenza, gli spunti offerti sono infiniti e racchiudere in una pagina di libro un’immagine che tanti anni prima i miei occhi avevano fotografato, mi ha permesso di rivivere esperienze indimenticabili.
Altipiani rocciosi, profonde gole e canyon formati da antichi fiumi ormai scomparsi, alte montagne dalle cime innevate. Luoghi all’apparenza desolati, privi di presenza umana che ad uno sguardo più attento si rivelano punteggiati da piccoli villaggi perfettamente mimetizzati nell’ambiente; le loro case costruite con la stessa terra rossa di cui sono fatte le montagne. E poi la distesa sabbiosa del deserto, un mare di granelli giallo ocra che strega chiunque abbia la fortuna di attraversarne anche solo una piccola fetta. Il senso di libertà che infonde riesce a far evadere i pensieri dalla costrizione cui le convenzioni li hanno racchiusi e aprire la mente a nuove forme di spiritualità e meditazione. E’ un luogo la cui magia è palpabile, ma estremamente difficile da descrivere a parole. Me ne sono innamorata nell’istante stesso in cui il mio sguardo vi si è posato, quattordici anni fa.
I mercati, souk, presenti in vari punti delle città come grandi centri commerciali all’aperto, accessibili tutti i giorni dell’anno, racchiudono artigiani e commercianti, alimenti e tappeti, argenti e abbigliamento, tutto suddiviso in settori. Un dedalo di vicoli in cui è facile perdersi, sia mentalmente che fisicamente. Il penetrante odore delle spezie che colpisce prepotentemente l’olfatto e i sapori forti, caratteristici della cucina marocchina, mentre girovagando persi nei vicoli del souk, ci si riempie gli occhi di colori e luci.
A volte m’immagino seduta lì, in un angolo di una bottega, a osservare l’umanità di passaggio, che fluisce come lo scorrere del tempo.
Non so ancora se scriverò un seguito di Una porta sul passato o un’altra storia ambientata in Marocco, chi può dirlo. Per ora attendo con ansia il prossimo mese, quando tornerò per un breve viaggio in terra d’Africa, dove un tè alla menta mi sta aspettando.

Share this: